Da quando è esplosa la pandemia COVID 19, al fine di contenerla, ci è stato richiesto il distanziamento fisico… questo significa niente strette di mano, baci, abbracci, carezze.

Molte sono le persone che stanno iniziando a manifestare gli effetti della mancanza di contatto umano, mancanza a cui è stato dato un nome estremamente evocativo: “skin hunger”, che letteralmente può essere
tradotto con “fame di pelle”.
La superficie del corpo umano, la pelle appunto, è un enorme strato di recettori tattili che ci forniscono la possibilità di entrare in connessione con l’altro.

Sappiamo bene infatti che nella specie umana, specie sociale, il tatto è tra gli interruttori fondamentali della connessione con le persone che ci circondano e con il nostro ambiente.
Nonostante il ruolo fondamentale che svolge la vista nella nostra vita, è la pelle a costituire il più antico e il più grande organo di senso che possediamo, il primo a svilupparsi.

Il bisogno di calore, di vicinanza, di contatto fisico rappresenta una necessità biologica primaria, motivo per cui i bambini appena nati vengono appoggiati sul petto nudo della mamma. E ancora, questo bisogno
possiamo capirlo osservando il riflesso di prensione che il neonato mette in atto sin dalla nascita: se gli tocchiamo il palmo della mano, stringerà le dita formando un pugno. Questo istinto primordiale ha lo scopo di farlo sentire protetto, al sicuro e soddisfa, oltre al bisogno di sopravvivenza, anche quello affettivo.

Già negli anni ’60 lo psicologo Harry Harlow studiò questo bisogno primordiale osservando alcuni macaco: separati dalla madre tendevano a rannicchiarsi vicino a una “madre fantoccio” fatta di asciugamani caldi, anziché a una “finta madre” fatta di fili metallici e questo nonostante la madremetallica avesse cibo da offrire. Le piccole scimmie preferivano il nutrimento affettivo.

Questo bisogno che, come abbiamo visto, accomuna esseri umani e animali, ci accompagna per tutta la vita.
Tiffany Field, direttore del Touch Research Institute, nel suo libro “Touch” ha spiegato come il tocco, in alcune circostanze, possa essere più forte di un contatto verbale o emotivo.

Oltre ad essere fondamentale per lo sviluppo e la salute dei bambini, esso è necessario per il benessere fisico e mentale degli adulti.
Dal punto di vista nerofisiologico, è dimostrato che il tocco abbassa i livelli degli ormoni dello stress come il cortisolo: è per questo che quando siamo spaventati cerchiamo istintivamente la mano di chi ci è accanto o quando abbracciamo una persona cara ci sentiamo immediatamente meno tesi e protetti.

Essere abbracciati o accarezzati sulla pelle inoltre stimola il rilascio di serotonina, il cosiddetto ormone della felicità perché in grado di provocare un senso di gioia e benessere nell’individuo, e aumenta i livelli di ossitocina, ormone responsabile dello sviluppo del legame madre-figlio, ma anche dei legami sociali in genere, in quanto promuove il senso di fiducia in se stessi e negli altri e migliora quindi le relazioni interpersonali. Per questo viene anche definita come l’ormone dell’amore.

Proprio per i suoi effetti altamente benefici, il tocco è forse il più antico metodo di cura. Da questo semplice gesto sono nate discipline efficaci che impiegano le mani come “strumento”, basti pensare all’osteopatia, alla chiropratica, allo shiatsu, alla riflessologia e, naturalmente, al massaggio.
Il paradosso è che proprio adesso che avremmo più bisogno di essere abbracciati, a causa della paura e dello stress generati da un virus sconosciuto, non possiamo neanche sfiorarci.

Quali potrebbero essere allora le conseguenze della privazione di contatto fisico che stiamo vivendo in questo momento?
La pelle se non viene toccata si “avvilisce”, comunica alle cellule del corpo la sua inquietudine. Possono così verificarsi variazioni significative nel ritmo del sonno (si dorme troppo o troppo poco), nel rapporto con il cibo (si tende all’abbuffata o si perde completamente l’appetito), si può provare disinteresse per le cose, non trovare la motivazione per affrontare la giornata. E’ necessario comunque precisare che questi segni possono essersi manifestati durante il lockdown, non solo a causa della privazione di contatto fisico, ma anche di relazioni sociali e del sole sulla pelle.

Continuiamo a limitare i contatti con le persone che amiamo anche in questa seconda fase, perché è il modo principale che abbiamo per proteggerle, sapendo però che se ci sentiamo o sentiremo in debito di
abbracci è assolutamente normale.

Solo se questi segnali tenderanno ad aumentare e ad essere sempre più invalidanti nella nostra quotidianità, sarà opportuno rivolgersi ad uno specialista per chiedere aiuto.

Dott.ssa Luisa Garofalo

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